Nel II secolo d.C. Tolomeo menziona Bosa fra le città interne della Sardinia, pur collocandola correttamente a breve distanza delle foci del fiume Témos. Le indicazioni tolemaiche non servirebbero a localizzare con precisione il centro antico se non si tenesse conto dell’imponente interrimento dell’originario estuario del fiume causato dagli apporti alluvionali dello stesso Temo e del Rio Piras. In sostanza nell’antichità e nel medioevo il Temo sboccava a mare con un largo estuario situato a circa due chilometri ad Est dell’Isola Rossa, mentre attualmente tale distanza è ridotta a 300 metri. La localizzazione del centro antico di Bosa su un sistema di terrazze digradanti sulla sponda sinistra del fiume è assicurata dalla documentazione archeologica e dalla letteratura storica a partire dal secolo XVI.
Il rinvenimento ottocentesco, nell’area del centro romano, di un frammento di iscrizione fenicia, incisa su un supporto litico locale (trachite), ha fatto postulare un’origine arcaica per Bosa. Non deve escludersi tuttavia l’esistenza di uno stanziamento emporico, cui connettere l’epigrafe, divenuto centro urbano solo tardivamente, nel quadro di un controllo cartaginese del Nord-Ovest della Sardegna, nel IV secolo a.C. Abbiamo ora numerose informazioni sulle caratteristiche della presenza punica lungo la vallata del Temo e in particolare i dati sulle direzioni dei commerci forniti dagli scavi di Sa Tanca 'e Sa Mura di Villanova, che attestano l'uso dell'alfabeto punico nel II secolo a.C.: Bosa è stata in questo caso il polo di diffusione della scrittura verso l'interno.
La città romana conservava la localizzazione del centro punico, su un’ansa del fiume Temo, sede del porto fluviale. L’asse viario principale di Bosa era costituito, secondo l’Itinerario Antoniniano, dalla via a Tibulas Sulcis che collegava direttamente Bosa con Carbia, presso Alghero, a Nord, con un percorso di 25 miglia, e con Cornus, a Sud, con una percorrenza di 18 miglia. L’Anonimo Ravennate e Guidone confermano con la menzione di Bosa il ruolo della città nella viabilità occidentale tra Corni e Turris Libisonis.
La topografia della città romana è quasi del tutto sconosciuta: unico elemento positivo è costituito da una necropoli romana e altomedievale che si estende dalla cattedrale medioevale di San Pietro alla località di Messerchimbe, evidenziando il carattere suburbano di questo settore rispetto al centro abitato, riconoscibile dall’estensione delle strutture e dal materiale archeologico a Sud e Sud-Est di San Pietro, lungo il pendio terrazzato del Monte Nieddu.
Un vasto edificio termale è segnalato per Bosa, nell’Ottocento, dall’archeologo Giovanni Spano, senza indicazioni puntuali del sito. Quanto alle strutture cultuali deve notarsi la mancanza di testimonianze dirette. Il rinvenimento di una statuetta di bronzo di Hercules, la testina marmorea di un Dyonisos tauros, replica di età antonina di un modello ellenistico, la testa calcarea di Zeus Ammone potrebbero documentare anche per Bosa i culti ben diffusi in Sardinia di Ercole, Bacco e di Ammone.
I materiali in superficie attestano le correnti commerciali attive in età repubblicana dalla penisola italica (anfore vinarie Dressel 1 e ceramica a vernice nera in Campana A e B) e in età imperiale ancora da area italica (sigillata italica), dall’Iberia (anfore olearie Dressel 20), dalla Gallia (sigillata sud gallica), dall’Africa proconsolare (anfore Africane e sigillata chiara A e D).
Il centro monumentale di Bosa non è stato finora individuato. Da esso provengono, con certezza, le due iscrizioni pubbliche di Bosa. Si tratta della targa marmorea didascalica del 138-141 d.C., con la dedica di quattro statuette d’argento, di cui è indicato il peso (rispettivamente grammi 1047, 762, 408 e 399), di Antonino Pio, Faustina, Marco Aurelio e Lucio Vero, posta da un Q(uintus) Rutilius [---], un personaggio altrimenti ignoto di Bosa, forse un magistrato o un sacerdote del culto imperiale, per decreto dell’ordo decurionum di Bosa. La targa doveva essere immurata sul bancone che sosteneva le quattro statuette, nell’Augusteum bosano. L’altra iscrizione è una dedica, di età antonina, ad un [sacerd(os)] urbis Rom(ae) (et) imp(eratoris) della prov(incia) Sard(inia), evidentemente originario di Bosa, che uscito di carica e divenuto sacerdotalis venne ad[le]c[t]u[s] nello splendidiss(imus) [o]rd[o] Ka[ralit(anorum)], nella sede del concilium provinciale.
L’ordinamento cittadino di Bosa non è esplicitamente documentato in alcuna iscrizione, tuttavia possediamo un frammento di tabula patronatus rinvenuta a Cupra Maritima nel Picenum che menziona il patronus [---]nus Larg[us] cooptato dall’[ordo populus]que Bosanu[s]. L’ambasceria per la consegnadella tabula al patronus fu costituita da vari legati bosani, di cui è superstite il solo [-] Detelius A[---]. Da questi scarni elementi ricaviamo l’ipotesi di una città, con un culto imperiale ben sviluppato almeno da età antonina, dotata di un ordo e di un populus. Benché nessuno di questi elementi sia decisivo per postulare uno statuto municipale, appare plausibile la costituzione municipale di Bosa.
Più ampio è il quadro delle nostre conoscenze sulla necropoli di San Pietro. Gli scavi archeologici dello scorcio del XX secolo hanno messo in luce un’area funeraria metata, con muro di cinta, del II-VI secolo d.C., utilizzata per deposizioni a fossa, alla cappuccina, in sarcofago e ad enchytrismòs. Da questa area di San Pietro provengono le iscrizioni funerarie databili tra il II e il III secolo d.C. incise su lastre e cippi di trachite locale, realizzate in una officina lapidaria bosana.
Mancano testi cristiani sicuri: fra le falsae del Corpus Inscriptionum Latinarum è annoverata anche l’epigrafe funeraria di un na(u)clerus, Deogratias, che parrebbe genuina, utile a definire l’importanza, anche in età tardo antica, dell’attività navale di Bosa, documentata ad esempio per l’età imperiale dal ritrovamente nel golfo di Turas di un’ancora del navicularius L(ucius) Fulvius Euti(chianus), apparentemente collegato con gli Eutychiani del territorio di Cuglieri.
A cura del Prof. Attilio Mastino