DI VALERIA CASU
Questo che racconto oggi è uno dei ricordi più belli che conservo della mia infanzia.
Forse è Il mio ricordo per eccellenza.
Lo racconto, oggi, nella vigilia di Natale perché penso che una stanza del freddo, intesa come luogo in cui vivere la magia dell'attesa dei regali, in fondo, l'abbiamo vissuta un po’ tutti.
Dunque, iniziamo con lo spiegare che cosa sia la stanza del freddo: la casa dei miei nonni è una casa agricola nella quale la stanza della cucina e del pane conservano intatti i muri in pietra spessi e possenti, il pavimento in lastroni di pietra irregolari e il soffitto in canne. Per queste ragioni è una casa molto fredda nel senso "climatico" del termine, perché poi a livello umano ed emozionale è una casa caldissima, torrida direi.
La forma della casa è a L, quindi dalle due stanze più antiche appena citate, inizia un corridoio lungo nel quale troviamo le altre stanze fino alla camera da letto. La stanza del freddo è la prima stanza all’inizio del corridoio.
Noi nipoti la scegliemmo come luogo in cui nasconderci e ritrovarci nel momento di attesa dei regali, passando poi lo scettro della tradizione ai pronipoti. Un pò prima della mezzanotte andavamo lì in fretta e furia e aspettavamo con ansia la chiamata: c'era sempre una delle mie zie che gridava: "Via! tutti nella stanza del freddo!" e noi via, di corsa!
Il tempo trascorso lì dentro era pressappoco di un quarto d'ora, ma sembrava eterno, come ogni attesa di qualcosa di bello.
Gli adulti dal canto loro si occupavano di sistemare i regali in cucina sotto l'albero e ai piedi del camino, spegnere le luci per creare atmosfera e poi qualcuno gridava: "Ok, potete salire!". Ci liberavamo dal freddo e finalmente raggiungevamo la gioia del Natale.
È sempre stato un mistero per tutti noi come fosse possibile che i nostri nonni abbiano vissuto praticamente tutta la loro vita senza riscaldamento e in quelle temperature. E aggiungo poi che era talmente radicata in nonna l’abitudine a quello stile di vita che ha sempre rifiutato gran parte delle forme di comodità che definiva “moderne”, accogliendo con favore solo l’arrivo del riscaldamento due anni fa, ossia a 91 anni.
Una delle curiosità legate alla stanza del freddo è che Babbo Natale negli anni aveva un orologio strano, perché al principio passava a mezzanotte, poi ha iniziato a passare alle undici, alle dieci; purtroppo, si calibrava in base alla resistenza da svegli dei nonni.
Abbiamo smesso di aspettare Babbo Natale nella stanza del freddo da qualche anno, dopo che nonno ci ha lasciato, e nonna non era più in forze per affrontare la vigilia fino a tardi. Ma ricordare e tenere vive quelle gioie ci permette ancora oggi, non potendo più viverle fisicamente, di poterle vivere col cuore.
Natale dai nonni era un momento meraviglioso
Tavola rossa imbandita con le migliori cibarie, nonno che apriva le mandorle sullo schienale della sedia e la televisione rigorosamente accesa sul Cirque du Soleil a Rai Tre. Una delle specialità di nonna era il coniglio a succhittu, che tutti noi attendevamo con piacere perché con le sue mani preparava un sughetto che era la fine del mondo. Gli immancabili erano, poi, il brodo, su prenimentu (il ripieno), ma soprattutto i dolci.
Nonna preparava dolci a volontà, iniziava dai giorni prima e finiva a ridosso del cenone.
Nei nostri ricordi più cari ci sono indiscutibilmente le ciambelle, preparate con lo strutto (per nonna era l’ingrediente madre di quasi tutte le preparazioni), i pistoccheddus e i fritti. Nonna era abituata a friggere tutto e dare vita a capolavori, ad esempio con la pasta che avanzava e un po' di ricotta realizzava i bruniollus. Tutte le ricette erano contenute in un ricettario bellissimo che ha quasi un secolo di storia, scritto dalla sorella di nonno con una grafia bellissima e di cui ho fotografato la pagina dedicata alle pardule, uno dei dolci preferiti da nonna, anche se non amava prepararle spesso.
Sono sicura che chiunque nei suoi ricordi di infanzia abbia un ricordo così bello sull'attesa dei regali.
Che sia una stanza del freddo, o una stanza riscaldata dal camino acceso o un bel cortile, raccontarlo è come riviverlo: gli diamo vita.
Valeria Casu
Articolo realizzato per il progetto "FocuSardegna a più voci"
Vuoi diventare una delle firme del progetto? Invia la tua proposta via mail a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
© E' vietata ogni riproduzione senza il consenso della redazione e dell'autore