- Natascia Talloru*-
Le uniche tre parole dei tempi moderni che risultano imprescindibili nel linguaggio dei sardi e nel resto del paese sono: lavoro, disoccupazione, crisi. Questi sono gli argomenti principali, i più concitati e dibattuti dai giovani e non solo, ed ogni momento di aggregazione diventa un modo per liberare le proprie teorie, come se parlandone si ricercassero le ragioni che hanno portato il nostro paese in un periodo storico caratterizzato dal caos e che probabilmente ha già impresso un marchio nelle nostre vite e nelle nostre coscienze. Lo scenario a cui assistiamo ha il volto della disperazione e dell’impotenza, le braccia cariche di valigie per chissà quale destinazione e le gambe atrofizzate dagli eventi.
Capita spesso di sentir dire: “Ora basta, mollo tutto e vado a vivere ai Caraibi”!
Tutte esperienze che molti reputano debbano essere fatte più che altro per tentare di cambiar vita e respirare aria esotica. C’è poi chi non ha la forza di cambiare ed al suo linguaggio aggiunge la parola fine, chi invece sceglie di tornare a casa o chi ha il coraggio di abbandonare rispettabili occupazioni per rimettersi in gioco e svolgere compiti non appartenenti al proprio settore ed ignorati dai numerosi Dottori disoccupati, come per esempio il lavoro nei campi.
Secondo quanto riportato da Il Sole 24 ore nel secondo trimestre 2014 c’è stato un boom occupazionale nell’agricoltura: un +5,6% di assunzioni nei campi tra aprile e giugno. In positivo anche i lavori nelle aziende agrituristiche e dato ancor più curioso un aumento delle iscrizioni negli istituti tecnici agrari e nelle Facoltà di Scienze Agrarie.
Pare dunque stia emergendo una nuova consapevolezza e che la situazione negativa generale stia portando molti giovani a riscoprire la terra e ad autoprodurre cibo ed energia. E chi, se non la Sardegna, potrebbe offrire maggiormente queste opportunità? Una regione che ha forti radici culturali e con un’economia storicamente agricola, un popolo che ha perlopiù rispettato l’ambiente e vissuto in comunità. E’ chiaro che il sistema economico attuale sia incompatibile con la società sarda e chiunque abbia pensato di ritornare alla terra ha dovuto scontrarsi con burocrazia e norme che tuttora, col supporto delle istituzioni, necessitano di essere ridefinite.
Lavorare la terra richiede sacrificio ma non è così difficile come si possa immaginare: le nuove aziende agricole hanno un’impostazione multifunzionale, cioè oltre alla coltivazione vengono svolte altre attività non fisiche quali formazione e turismo rurale; inoltre si basano su tecniche nuove come la permacultura che permette di lavorare con maggiore efficacia ed efficienza, o applicano metodi agronomi sinergici che portano ad un uso della terra etico e sostenibile.
Dunque perché mollare tutto ed andare per esempio a lavorare nelle Farm in Australia, quando si potrebbe Mollare Tutto e ritornare alla terra…in Sardegna?
*FocuSardegna