- Simone Tatti*-
In Sardegna, cosi come in Italia, assistiamo ormai quotidianamente al perpetrarsi di ingiustizie sociali ed economiche frutto delle sbagliate scelte politiche e del diffuso malcostume. Siamo talmente abituati a questa realtà che, fatta eccezione per una istintiva indignazione della prim’ora, conviviamo tranquillamente con delle consuetudini ritenute inconcepibili in qualsiasi altra parte del mondo. Come se ciò non bastasse abbiamo maturato uno strano senso di adattamento alle iniquità che non solo confligge con il comune codice etico, ma alle volte anche con quello civile. Tra tutte queste ingiustizie ve n’è una, tuttavia, che è in assoluto la più subdola, la più infima e la più pericolosa. È quella che direttamente colpisce solo una parte della popolazione ma che indirettamente concorre a minare la stabilità dell’intero sistema. È l’ingiustizia generazionale.
Esisteva sino a qualche anno fa la cosiddetta “generazione 1.000 euro”. Giovani laureati, occupati ma sottopagati, inquadrati nel mondo del lavoro mediante le più svariate forme contrattuali previste dal legislatore. Adesso non esiste più nemmeno quella. Dai mille si è passati agli ottocento euro e chi appartiene a questa categoria deve in un certo qual senso ritenersi fortunato, in quanto, quasi ad ogni angolo, è possibile trovare un giovane disoccupato, uno stagista che vive di soli rimborsi o un collaboratore sottopagato. Quei pochi privilegiati che riescono a trovare un lavoro hanno comunque mille preoccupazioni che non consentono loro di affrontare il futuro in maniera serena. Non solo il costo della vita incide pesantemente sul budget a loro disposizione ma l’accesso al credito è diventato estremamente difficile e sposarsi, mantenere una famiglia e comprare una casa, un’impresa proibitiva.
L’inevitabile conseguenza di questo insieme di fattori, è un Paese che invecchia ed assiste ad una progressiva riduzione della popolazione con un inevitabile contrazione dei consumi interni. Non vi è dubbio che la crisi economica abbia penalizzato prevalentemente le nuove generazioni, ma questo non è avvenuto per caso. Piuttosto che trovare un compromesso generazionale, i nostri politici hanno arbitrariamente scelto di scaricare l’onere delle avventate politiche economiche dei decenni passati quasi interamente sui giovani. Ancora oggi, anziché salvare il salvabile e intervenire sulla riduzione del costo del lavoro, si continuano a preservare le rendite di posizione senza intervenire decisamente per abbattere i troppi privilegi esistenti.
I giovani e i privilegi: le due grandi questioni Italiane. A tal proposito l’allora Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini si esprimeva dicendo che “I giovani non hanno bisogno di sermoni, ma di esempi di onestà, coerenza ed altruismo". Mentre molto più chiaramente il nostro conterraneo Enrico Berlinguer sosteneva che "Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora, ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi”. Due posizioni datate ma che sembrano più che mai attuali, quasi a sottolineare il fatto che in questi decenni si sia fatto veramente poco per risolvere i veri problemi che sono di ostacolo alla crescita del Paese.
* FocuSardegna