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Una orta, dae ora meda, dae is orroccas de Su Toni, orroccas artas da inue si biet tottu sa badde de s’Isca, s’intennianta sonos e ‘oges melodiosas, chi nemos haiat intenniu prusu. Parianta cantos, comente chi calecunu s’esset tzetziu, incarannosi a b-ardiare sa idda de Tonara e d’esset cantau cuddas cantzones armoniosas. Pariat una litania antiga, de cussas litanias chi non s’intennente prus, poite si funti perdias in in sa memoria passada de su tempus...... Su contu narat ca cussas boges chi pariant de piggioneddos chi cantant in beranu fiant is boges de is gianeddas, chi in’istade crocaiant in foras in Su Pranu e in s’erru dromiant in sa lutta de ‘Ucca e Trò, a sutta calencunu concale, po s’acconcolare dae su frittu e dae su entu.
Oggi, miei piccoli amici, voglio raccontarvi una storia che vi commuoverà moltissimo, e che, se non vi commuoverà, non sarà certamente per colpa mia o delle cose che vi narro, ma perché avete il cuore di pietra. C'era dunque una volta, in un villaggio della Sardegna per il quale voi non siete passati e forse non passerete mai, un uomo cattivo, che non credeva in Dio e non dava mai elemosina ai poveri. Quest'uomo si chiamava don Juanne Perrez, perché d'origine spagnola, ed era brutto come il demonio. Abitava una casa immensa, ma nera e misteriosa, composta di cento e una stanza, e aveva con sé, per servirlo, una nipotina di quindici anni, chiamata Mariedda.
La mercantessa d'uova, zia Biròra Portale, viaggiava recando un cesto d'uova da Orotelli a Nuoro. Era una notte d'agosto, pura e luminosa come una perla. Sulla grande distesa della pianura di stoppia, la luna gettava una luce viva ed eguale; il cielo era azzurro quasi come di giorno, e solo ad oriente l'orizzonte appariva vaporoso, velando le montagne che sembravano nuvole sorgenti dal mare. Zia Biròra viaggiava di notte perché viaggiava a piedi, e viaggiava a piedi perché i guadagni del suo commercio erano tanto esigui da non permetterle di viaggiare a cavallo. Figuratevi che tutti i capitali del suo commercio, assai fragili invero, stavano dentro quel cestino intessuto di canne che ella recava sul capo: duecento uova. Ogni tre giorni zia Biròra, comprava duecento uova, le disponeva nel cestino, fra la paglia, e si metteva in viaggio per Nuoro. Col guadagno viveva tre giorni.