Ci sono feste in Sardegna dove il tempo pare essersi fermato. E non per questo bisogna vedere gruppi folk o maschere tradizionali. A Ghilarza, nella chiesa di San Serafino, sono in corso i festeggiamenti. Sabato mi son ritrovato in mezzo a questi e ho avuto modo di conoscere questa nuova (per me) festa. Il novenario di San Serafino sorge sin dal 1600 sopra il lago Omodeo (all'epoca era un fiume), attorno ci sono ben 103 "muristenes" dove per questa occasione vengono abitate ogni giorno.
A San Serafino arrivi e respiri un'aria strana di pace e intimita' che probabilmente non avevo ancora visto altrove.
Le viuzze che lo circondano ancora non hanno conosciuto l'asfalto, le persone son sedute nelle porte di casa, i bambini giocano da soli in strada senza paura di sbucciarsi le ginocchia.
Mi raccontano del passato, la storia e le leggende.
Ma quelle son scritte ovunque, a voi non interessa.
Interessa, forse, sapere cosa si fa a San Serafino.
E' tutto molto semplice, il pomeriggio c'e' la messa, dal campanile scende una corda, nella piazza davanti alla chiesa c'e' un mucchio di legna accatastata, i bambini corrono indomiti e la gente e' fuori in attesa.
E cosa c'e' di strano?
Ve lo spiego ora, perche' la messa e' finita, le campane vengono suonate, la legna viene accesa, i bambini precedono il santo, le persone rientrano nelle loro case.
Perche' a San Serafino inizia la processione dove l'Arcangelo Raffaele viene separato da Tobia e portato e fatto entrare in ognuno di quei 103 muristenes.
Perche' le campane a turno vengono suonate da persone diverse.
Perche' i bambini precedono il Santo bussando in ognuno di quei 103 muristenes chiedendo le caramelle e annunciandone il Suo arrivo.
Perche' in ogni "muristenes" arrivano e cantano "sos gosos" e ti augurano una buona novena.
Nel mentre in ogni muristene si consumano le cene e un orecchio e' sempre buttato a quelle campane che suonano, quando queste smetteranno di suonare, staranno annunciando il rientro del Santo nella chiesa e l'inizio dei balli.
Da secoli a San Serafino si festeggia cosi.
Per nove giorni tante persone si trasferiscono in questo villaggio, prima si andava a piedi, ora in macchina.
"La domenica mattina (mi dicono), ricordo che guardavamo verso Busachi, si vedevano tanti puntini bianchi che si avvicinavano, erano quelle Donne che portavano ancora il loro abito tradizionale e rendevano omaggio alla nostra festa. Oggi vengono ancora, ma sono meno rispetto al passato".
E continuano a raccontarmi che " l'ultimo sabato della festa ognuno di noi porta qualcosa da casa. Chi porta l vino, chi porta formaggi o salumi, dolci e quant'altro, ma non puo' mancare il pescatore che arriva da Cabras ad arrostire il pesce. Facciamo il pranzo comunitario e mangiamo tutti assieme"...
Forse di San Serafino non sentiremo mai parlare con grandi annunci pubblicitari o feste da non perdere assolutamente!
Per fortuna dico io, perche' sono usanze come queste, che continuano a resistere, che rendono quest'isola ricca di storia tremendamente magica!
Un grazie di cuore a Marinella, Susy e famiglia per avermi aperto le porte di casa loro e avermi fatto scoprire questo piccolo pezzo della loro storia.