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La leggenda narra di una donna, Maria di Eltili, che viene rapita dai Mori mentre raccoglie canne insieme alla madre lungo lo stagno costiero. Trasportata a Tunisi, diventa dopo un po'di tempo, la favorita del sultano. Dopo molti anni, quando è ormai adulta, il sultano la riconsegna ai mercanti di schiavi, i quali la rivendono in Sardegna e Maria riesce a ritrovare le vie di casa. Maria di Eltili è un personaggio complesso: è una donna sarda attaccata alla sua terra da cui è stata strappata da bambina, ma è diventata islamica e quindi in lei convivono due anime e due culture. E' una donna che conosce i segreti delle erbe medicinali, è una levadora che possiede il mistero della vita che nasce , ma è anche una accabadora che sa porre fine alla vita.
Quello intercorso tra i tonaresi e Santa Anastasia è, senza dubbio, un rapporto piuttosto controverso, caratterizzato da elementi poco chiari e misteri non ancora svelati. Se è vero, da un lato, che il periodo antecedente l’abbandono della Chiesa fu caratterizzato da uno stato di evidente incuria, rilevato, tra l’altro, in alcuni documenti conservati nella biblioteca parrocchiale del paese, dall’altro la Chiesa risultava essere ricca di opere d’arte e contenuti di consistente valore. Nel corso di una visita pastorale risalente agli inizi del XIX secolo, fu il Vescovo stesso a lamentare i segni di una evidente trascuratezza ravvisando ombre di bruciatura sul portone principale della chiesa e l’amputazione di un arto alla statua della Santa.
Rione Toneri, a pochi passi dal centro abitato di Tonara. Qui giacciono in silenzio quelle che furono le mura della Chiesa di Santa Anastasia, per i tonaresi Santa Nostasìa, poi divenuta per troncamento Santa Nosta. Nostra, per l’appunto, perché gli abitanti del luogo quella chiesa la sentivano propria, sin dal XIV secolo quando, una rappresentanza di monaci Vallombrosani, valicato il Tirreno, giunse dall’Etruria in Sardegna dove edificò ricchi e splendidi monasteri, governando un gran numero di villaggi rurali. Oggi, a testimonianza di quella che fu sino al 1820, la prima Chiesa Parrocchiale della cosiddetta Villa Tunare, rimangono solamente pochi ruderi, forse ciò che resta del presbiterio.