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Di Alessandra Derriu
Sepolture scavate nella roccia sono presenti in tutta la Sardegna: la tradizione popolare le chiama Domus de janas (case delle fate o case delle streghe), da tombe-case dei morti a dimore abitate da creature leggendarie di piccola statura che tessevano, cantavano, panificavano, predicevano il futuro, avevano il dono della profezia.
Di Alessandra Derriu
La parola può essere evocativa, può avere la capacità di guarire, di curare, di placare gli animi, di liberare dalla sofferenza, di salvare, di dare conforto ma anche di condannare. Con la parola si prega, si benedice e si maledice. La parola è dunque la nostra chiave di accesso al mondo, all’altro, il mezzo, la porta dalla quale possiamo lasciar passare il bene o il male: ci può convincere, ammaliare, stregare, allontanare ed avvicinare.
La penisola, stretta e lunga tre chilometri, è bagnata ad ovest dal Mar Sardo, che lì tutti chiamano Mar Vivo perché più aperto e vigoroso, frustato spesso dal maestrale. Ma sulla costa orientale le acque del golfo di Oristano, il cosiddetto Mar Morto, riparato dal vento, garantivano approdi sicuri.